VIGNE MUSEUM
Jean-Baptiste Decavèle
Yona Friedman si è dedicato all’architettura in giovane età. Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale, diventando architetto, stabilitosi in Israele come rifugiato nel 1948, iniziò la sua carriera. Il Vigne Museum può essere inteso come la summa di tutti i progetti realizzati dal 1948 al suo concepimento, è una conseguenza della sua tenacia e delle scelte precise che fece nella sua vita.
Il Vigne Museum è un Architecture Without Building, un Museo senza porte, un Museo dell’Improvvisazione, un Museo senza pareti, Un Museo del Paesaggio, un Museo che si può visitare dall’esterno.
É stato costruito attraverso la tecnica dell’improvvisazione da Yona Friedman, dalla famiglia Livio Felluga e da me. A tal riguardo è importante da considerare in relazione ad un corpus di opere molto preciso come il suo progetto per il Centre Pompidou a Parigi e Il Museum of Simple Technology che Yona Friedman a costruito a Madras agli inizi del 1980. Rappresenta anche uno dei progetti architettonici, sociali, olistici e artistici da quando ha realizzato La Petite Ville Spatiale a Basel nel 2010.
Il Vigne Museum è anche una conseguenza del progetto che Yona Friedman ha iniziato con Livio Felluga, Dora Stiefelmeier, Mario Pieroni, Giovanna Felluga (direttrice artistica del Vigne Museum), la sua famiglia, la loro azienda e me. Io ho fatto del mio meglio per tradurre le intenzioni e idee di Yona Friedman quando l’abbiamo costruito. É stato uno dei momenti più importanti della mia vita. Il periodo in cui ne abbiamo parlato a Parigi, il periodo passato in Friuli Venezia Giulia, stare con lui a Parigi. Lo scambio intercorso tra me e Yona Friedman durante la fase di costruzione, sia con lui che con la figlia Marianne.
Il Vigne Museum è un’estensione dei primi progetti che abbiamo realizzato in Italia, Olanda e in altri luoghi con RAM, Zerynthia e DAC a Roma.

A volte quando mi soffermo sul Vigne Museum ho l’impressione di trovarmi in un immenso caleidoscopio in cui ogni segmento rappresenta un’idea diversa di Yona Friedman. Si tratta di un museo senza porte, un museo che si visita sia dall’esterno che dall’interno. In ogni caso, partendo da lì, uno può avere un’infinità di punti di vista su tutto quello che vuole guardare.
Sono una persona molto visiva, faccio (tra le altre cose) dei filmati con le mani e dei disegni con i miei passi. C’è qualcosa sul piano formale che è cambiato per me con il Vigne Museum.

Quello che è altresì cambiato nel Vigne Museum da quando sono partito è che L’Associazione Cuturale VIGNE MUSEUM lo fa vivere. Questo assunto fa parte di ciò che sono le mie riflessioni attuali.
Ci sono molte cose che hanno inciso in questi due ultimi anni e che pongono interrogativi sociali e strutturali e che molto è cambiato per me: gli attentati, i rifugiati, per nominare solo due fenomeni sopraggiunti.
Gli attentati hanno delle conseguenze sul nostro vivere quotidiano, sull’organizzazione e sul controllo della vita, su quello che si può prevedere e i margini di libertà per nuove proposte che si creano. I rifugiati pongono domande importanti che ci permettono di fare progressi nella ridefinizione della società, della città e come esse possono rinnovarsi, organizzarsi, reinventarsi, sopravvivere. Ovviamente non tutti (dal nostro lato occidentale) ne escono soddisfatti. É ovvio che siamo in un momento storico particolare e lo viviamo insieme.
Quando alcuni mesi fa abbiamo terminato No Man’s Land a Loreto Aprutino, con la Fondazione ARIA, Zerynthia, RAM e DAC e con Cecilia Casorati, Yona Friedman ha detto che questo tipo d’iniziativa forse si poteva realizzare in molti villaggi. Lo stesso vale per il Vigne Museum. Questi due progetti sono legati, essi rappresentano una cartografia particolare. Un Museo è soprattutto uno spazio, un’architettura, come anche la vita è uno spazio che costruiamo insieme, uno spazio tra noi. Ciò che è cambiato con la creazione del Vigne Museum e di No Man’s Land è che le due strutture messe in opera in Italia rappresentano dei punti di ancoraggio nello spazio. Queste strutture non chiedono altro che di moltiplicarsi. Quello che è stato messo in piedi è un’iniziativa. Questo fatto è molto importante perché senza iniziativa le idee muoiono e sono queste le iniziative che dobbiamo proseguire. Dobbiamo creare delle azioni nei vari posti, arricchirle, ingrandirle, potenziare questa cartografia senza frontiere che il Vigne Musem e No Man’s Land hanno generato.